martedì 13 settembre 2011

OUT OF SIGHT | Elmore Leonard





Qualche mese fa ho letto la ricca antologia pubblicata da Einaudi con la raccolta quasi integrale dei racconti western che Leonard scrisse agli inizi della sua attività di narratore, e cioè nella seconda metà degli anni 1950. in questi giorni ho invece terminato la lettura di questo romanzo datato 1996, scritto quindi quarant'anni dopo, in un genere molto diverso, ovvero la crime story, calata nella realtà urbana moderna, tra rap e crack, pugili e bande rivali, sullo sfondo di città dell'east coast contrapposte e diverse come Miami e Detroit, paesaggi in cui si snodano le fila della trama del libro, agli antipodi geografici rispetto ai panorami selvaggi, inesplorati e dominati dalla natura incontaminata in cui si calavano le novelle western di quasi mezzo secolo prima.
Se anche per molti aspetti ovvio, è curioso constatare quanto sia evoluto e cambiato lo stile di questo scrittore, ma forse sorprende ancora di più notare invece quali siano i punti fermi del suo approccio al romanzo muscolare e d'azione, che sono rimasti invece invariati nel tempo.
Sotto il primo versante, Leonard è diventato estremamente più cinico, disincantato, e al tempo stesso più rude e brutale nel rappresentare al lettore gli sviluppi violenti o torbidi delle sue storie. I personaggi sono molto più sfaccettati e ambigui, il linguaggio stesso si fa spregiudicato, intriso di una volgarità inevitabile per coerenza con il taglio realistico delle ambientazioni.
Sotto l'altro versante, vale a dire le caratteristiche degli esordi a cui l'auotore è rimasto fedele negli anni, si nota come i racconti western fossero già sufficientemente imprevedibili da reggere il confronto con gli sviluppi del tutto sorprendenti di questo romanzo più recente. Questo fa onore a Leonard ed alla sua precoce sensibilità per il realismo del racconto, per la rinuncia agli schematismi e ai luoghi comuni. Naturalmente tanta spregiudicatezza brilla di più nei vecchi racconti degli anni '50, proprio perchè sfidavano le convenzioni dell'epoca con storie che - una volta portate al cinema, come spesso è accaduto - non hanno conservato la stessa grinta eversvia che avevano sulla pagina scritta. Questo ironico thriller attuale, pubblicato in un'era in cui impazzano le frenetiche e folli scorribande di autori come Lansdale e le disilluse cattiverie di gente come King, risulta inevitabilmente meno trasgressivo, ma si segnala ugualmente per il suo perfetto dosaggio dei registri narrativi ed emozionali. Il racconto segue gli sviluppi di un'improbabile storia d'amore, che è più il cedimento passeggero ad una reciproca infatuazione, a dire il vero, tra Karen Sisco, un'avvenente "sceriffa" (un U.S. Marshall, per la precisione, e cioè quei poliziotti dell'FBI che hanno il compito di braccare gli evasi e riconsegnarli alla giustizia, come il Tommy Lee Jones del famoso film IL FUGGITIVO, per intenderci), e Jack Foley, simpatico farabutto, un lestofante furbetto e sbruffone, troppo sopra le righe per essere un buon rapinatore. I due, nonostante la differenza d'età (lui è molto più vecchio) e soprattutto l'abisso professionale che li separa, si scoprono reciprocamente attratti e per un po' si lasciano guidare dagli istinti e dalle forze della seduzione. Intorno a loro ruota un microcosmo di criminali più o meno pericolosi ed incalliti e di poliziotti più o meno volenterosi ed efficienti, descritti con sagacia da Leonard, che si mantiene fedele ad un tratteggio rapido, abbozzato, ma sempre convincente dei caratteri, dei luoghi e degli eventi. Se fosse un disegnatore di fumetti, disegnerebbe sempre in bianco e nero e con forte contrasto nei chiaro/scuri.

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