Qualche parola sui libri che sono sul mio comodino ... e prendendo spunti da quelli, libere digressioni in ogni direzione consentita
domenica 18 settembre 2011
NEMESIS | Mark Millar
Siamo in un momento storico in cui la cultura mediatica, soprattutto quella che sceglie la comunicazione a largo spettro mediante la fiction di "genere" (con i vincenti mix di horror, azione, violenza, fantascienza, spettacolarità, ecc.) subisce il pesante onere imposto dalle esigenze commerciali. E così il cinema è poco e brutto, soffocato da stereotipi, ripetitività e assenza di idee, mentre la buona narrativa è soffocata da montagne di romanzi tutti uguali (vampiri, zombie, tesori nascosti in vecchie biblioteche e gialli del nord europa e così via). Fanno ancora eccezione, per ora, i serial televisivi (mai così trasgressivi e ben scritti) e i comics. Soprattutto in questi ultimi sembra che tutto sia permesso, e i creativi geniali possono davvero dare sfogo alle loro invenzioni, incuranti di calpestare i "sancta sanctorum" del bon ton e del politically correct. Lo sa bene, è evidente, Mark Millar, uno degli scrittori di fumetti più geniali che si siano mai visti, che nel giro di pochi anni ha sfornato capolavori come WANTED, CIVIL WAR e KICK-ASS. Non smentisce questa straordinaria sequela di grandi titoli nemmeno la sua ultima dirompente graphic novel NEMESIS, dove l'autore ripropone un tema sempreverde come quello della vendetta, ma lo reinventa come solo lui sa fare. Accarezzando in modo lieve antiche leggende dell'immaginario collettivo come "Phantomas" (un cattivissmo vintage che i lettori meno giovani non possono aver dimenticato) e uno straordinario film degli anni '30 intitolato "The Most Dangerous Game" (storia ripresa anche, tra l'altro, nel romanzo "Danza macabra" di Dan Simmons, o nei film di Fincher "The Game" e "Zodiac"), Millar inscena in questo veloce e fulminante lavoro un complicatissimo mosaico narrativo, una trama ferrea che non lesina invenzioni e colpi di scena, e al tempo stesso si diverte con perfida ironia a frantumare quanto ci sia ancora di sacro nella nostra degradata civiltà moderna, sbattendoci in faccia ognuna delle grandi paure che ci asserragliano rimbalzando tra la realtà offerta dai quotidiani e quella deformata dal cinema (palazzi che crollano, aerei che si schiantano, gas velenosi, esplosioni in metropolitana, presidenti rapiti, e soprattutto famiglie aggredite e dilaniate dall'interno attraverso le loro debolezze, le loro paure e soprattutto i vincoli autoimposti in nome di dogmi etici e religiosi sempre più ipocritamente venerati).
Questo fumetto (quanto sembra ormai riduttivo usare l'antico termine "fumetti" per indicare lavori così intelligenti e profondi e trasversali) è ardito e trasgressivo al punto da richiedere una giusta "vietatura" ai minori. Ma al lettore dallo stomaco forte offre una ventata di irriverente e autentica spregiudicatezza narrativa, come raramente capita di leggere.
Duole un po' il prezzo: per un'ora di lettura, più un'altra ora supplementare da dedicare alla dovuta contemplazione del dinamismo delle tavole e dell'arte illustrativa di Steve MacNiven (così essenziale per offrire al racconto la sua tagliente potenza espressiva), si spendono ben dodici euro.
martedì 13 settembre 2011
OUT OF SIGHT | Elmore Leonard
Qualche mese fa ho letto la ricca antologia pubblicata da Einaudi con la raccolta quasi integrale dei racconti western che Leonard scrisse agli inizi della sua attività di narratore, e cioè nella seconda metà degli anni 1950. in questi giorni ho invece terminato la lettura di questo romanzo datato 1996, scritto quindi quarant'anni dopo, in un genere molto diverso, ovvero la crime story, calata nella realtà urbana moderna, tra rap e crack, pugili e bande rivali, sullo sfondo di città dell'east coast contrapposte e diverse come Miami e Detroit, paesaggi in cui si snodano le fila della trama del libro, agli antipodi geografici rispetto ai panorami selvaggi, inesplorati e dominati dalla natura incontaminata in cui si calavano le novelle western di quasi mezzo secolo prima.
Se anche per molti aspetti ovvio, è curioso constatare quanto sia evoluto e cambiato lo stile di questo scrittore, ma forse sorprende ancora di più notare invece quali siano i punti fermi del suo approccio al romanzo muscolare e d'azione, che sono rimasti invece invariati nel tempo.
Sotto il primo versante, Leonard è diventato estremamente più cinico, disincantato, e al tempo stesso più rude e brutale nel rappresentare al lettore gli sviluppi violenti o torbidi delle sue storie. I personaggi sono molto più sfaccettati e ambigui, il linguaggio stesso si fa spregiudicato, intriso di una volgarità inevitabile per coerenza con il taglio realistico delle ambientazioni.
Sotto l'altro versante, vale a dire le caratteristiche degli esordi a cui l'auotore è rimasto fedele negli anni, si nota come i racconti western fossero già sufficientemente imprevedibili da reggere il confronto con gli sviluppi del tutto sorprendenti di questo romanzo più recente. Questo fa onore a Leonard ed alla sua precoce sensibilità per il realismo del racconto, per la rinuncia agli schematismi e ai luoghi comuni. Naturalmente tanta spregiudicatezza brilla di più nei vecchi racconti degli anni '50, proprio perchè sfidavano le convenzioni dell'epoca con storie che - una volta portate al cinema, come spesso è accaduto - non hanno conservato la stessa grinta eversvia che avevano sulla pagina scritta. Questo ironico thriller attuale, pubblicato in un'era in cui impazzano le frenetiche e folli scorribande di autori come Lansdale e le disilluse cattiverie di gente come King, risulta inevitabilmente meno trasgressivo, ma si segnala ugualmente per il suo perfetto dosaggio dei registri narrativi ed emozionali. Il racconto segue gli sviluppi di un'improbabile storia d'amore, che è più il cedimento passeggero ad una reciproca infatuazione, a dire il vero, tra Karen Sisco, un'avvenente "sceriffa" (un U.S. Marshall, per la precisione, e cioè quei poliziotti dell'FBI che hanno il compito di braccare gli evasi e riconsegnarli alla giustizia, come il Tommy Lee Jones del famoso film IL FUGGITIVO, per intenderci), e Jack Foley, simpatico farabutto, un lestofante furbetto e sbruffone, troppo sopra le righe per essere un buon rapinatore. I due, nonostante la differenza d'età (lui è molto più vecchio) e soprattutto l'abisso professionale che li separa, si scoprono reciprocamente attratti e per un po' si lasciano guidare dagli istinti e dalle forze della seduzione. Intorno a loro ruota un microcosmo di criminali più o meno pericolosi ed incalliti e di poliziotti più o meno volenterosi ed efficienti, descritti con sagacia da Leonard, che si mantiene fedele ad un tratteggio rapido, abbozzato, ma sempre convincente dei caratteri, dei luoghi e degli eventi. Se fosse un disegnatore di fumetti, disegnerebbe sempre in bianco e nero e con forte contrasto nei chiaro/scuri.
Iscriviti a:
Post (Atom)