Qualche parola sui libri che sono sul mio comodino ... e prendendo spunti da quelli, libere digressioni in ogni direzione consentita
giovedì 18 agosto 2011
LUPI MANNARI AMERICANI | Antologia di Michael Chabon (1999)
Prima ancora della sua attenta capacità di osservazione e di introspezione, prima della sua naturale e non artificiosa originalità, prima dell'ironia e dell'umorismo a tratti caustici, e prima ancora della sua sotterannea ma immancabile sensibilità ed empatia umana, di Michael Chabon va ammirata e venerata la sua geniale ed inarrivabile prosa, così fluida, espressiva, travolgente e creativa da inculcare nelle parole il potere di evocare direttamente nell'anima del lettore sensazioni, immagini, emozioni, utili a tratteggiare i suoi tristi personaggi e le loro disgrazie con vivido contrasto. Parole sempre perfette per farne comprendere le ossessioni e le ordinarie follie.
Al tempo stesso sono vibranti le trame dei racconti, sebbene mai lineari: il sapore di vita autentica che trapela dalle descrizioni, dalle indovinate similitudini, dalle frasi, provoca condivisione e trasporto emotivo, ci permette persino di superare le distanze geografiche e culturali con il piccolo e prosaico mondo americano in cui si sviluppano questi brevi, asciutti, ma fulminanti flash narrativi.
Dio conservi a lungo in salute questo eccezionale scrittore. E lo renda quanto più possibile prolifico.
LA DONNA DELLA DOMENICA | Carlo Fruttero - Franco Lucentini (1972)
Osservazione nr. 1: la trama di questo romanzo giallo avrebbe poco senso se si svolgesse in una località diversa da Torino e in un'epoca diversa dal 1972; è un intrigo strettamente radicato sul territorio in cui si svolge, oserei dire abbarbicato all'essenza stessa della "torinesità" e pertanto ogni tentativo di esportazione (di luogo, ma anche di tempo) ne comprometterebbe la consistenza e i sottili equilibri interni che lo rendono un capolavoro.
Osservazione nr. 2: è evidente che il punto focale dell'opera, l'epicentro dell'interesse che anima gli autori, non è (sol)tanto lo sviluppo del plot criminoso, dell'indagine condotta con sagacia ed efficienza dal siciliano Commissario Santamaria, con il lento, progressivo disvelamento dei molti misteri che circondano la grottesca morte dell'architetto Garrone, quanto piuttosto la ricostruzione di un'epoca e di un ambiente sociale, con tanto di amorevole (ma anche molto critica e a tratti maniacale) descrizione di una delle più inusuali città del nostro paese e dello stile di vita della sua bizzarra popolazione autoctona, esaminata nel suo selettivo isolamento così come nella riottosa e paventata interazione con le molte ondate di immigrazione che l'hanno investita fin dall'apertura dei cancelli della FIAT.
Nonostante quindi l'obiettivo dei caustici autori (ma anche indimenticati giornalisti, saggisti e opinionisti) sia principalmente puntato ad allestire un'intelligente, scientificamente accurata, complessa quanto basta e mai superficiale osservazione del microcosmo sociale della Torino del 1972, essi non hanno perso di vista nemmeno per un istante i dogmi del giallo canonico, non hanno trascurato di saggiare la solidità della loro trama mistery, che infatti risulta, a conti fatti, ineccepibile e perfettamente logica, oltreché non priva di tensione e di qualche brusca sorpresa (a cui dovranno invece rinunciare quelli che, come me, hanno già visto ed ammirato il bellissimo film di Comencini che era stato tratto negli anni '70 da questo libro; mi sono rifiutato di vedere la recente fiction televisiva, invece: mi sono bastati i trailer per capire che era meglio tenersene alla larga).
E non meno affascinante risulta essere la cura con cui vengono tratteggiati gli indimenticabili personaggi, verosimili e credibili, e proprio per questo tremendamente affascinanti, a partire dalla capricciosa Maria Carla e dal suo raffinato amico gay Massimo, che con i loro inesauribili battibecchi e il loro apparente distacco dalla quotidianità, offrono invece all'investigatore Santamaria preziosi spunti per uscire dal groviglio di indizi che circonda l'omicidio dell'urfido architetto.
Nonostante i quasi quarant'anni passati dalla prima edizione, LA DONNA DELLA DOMENICA continua ad essere tutt'ora un esemplare maiuscolo di narrativa gialla italiana, talmente vibrante, cattivo e azzardato da poter reggere il confronto con gli scafati contemporanei (Lucarelli, Camilleri e compagnia bella). Il libro offre anzi una lezione che meriterebbe di essere considerata e appresa anche da alcuni autori di oggi che, sempre ammaliati dal Maigret di Simenon (così come lo sono stati innegabilmente anche i nostri Fruttero & Lucentini) si cimentano con gialli introspettivi e sociologici, ma puntualmente si scordano che il giallo, in primis, deve sorreggersi su di un racconto granitico (penso, ad esempio e tra i tanti, ad alcune desolanti avventure del commissario Bordelli di Marco Vichi che ho letto di recente).
La DONNA DELLA DOMENICA resta dunque un punto di riferimento, esaltante nel piacere della lettura (vista anche la prosa raffinata e seducente) quanto lo erano le immagini del film con Mastroianni, la Bisset e Trintignant.
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