Un nuovo viaggio ai confini della realtà.Lapo Ferrarese propone la sua seconda antologia di racconti, intitolata
INCUBI.A differenza della precedente raccolta OMBRE (edizioni Phasar), che era auto-prodotta, questa seconda antologia è edita da Galaad e normalmente commercializzata (io l'ho chiesta direttamente alla casa editrice). Poco importa se l’autore non è molto noto, pubblicizzato e pluridecorato: il piacere del brivido dimora anche nelle opere piccole piccole, che si tengono nell’oscurità.
Nel primo racconto un avventato poliziotto si getta all’inseguimento di tre rapinatori, nel cuore della notte. Dopo aver provocato una serie di brutti incidenti, l’auto dei malviventi finisce in una sperduta stradina di campagna, dove il poliziotto riesce finalmente ad acciuffarli e ad arrestarli, salvo scoprire di aver perso ogni contatto con la centrale di polizia e di essere anche lui completamente perso e isolato. Poco dopo, dal buio salta fuori un inquietante anziano, arrivato da chissà dove, il quale informa il poliziotto che i tre, fuggendo, hanno causato diverse vittime ignare, e pertanto gli ordina di dare esecuzione alla loro sentenza di morte. Il poliziotto ovviamente rifiuta di giustiziare sommariamente i tre delinquenti, ma in questo modo scatena l’inarrestabile aggressione da parte di creature animalesche e mostruose.
Nella seconda novella, senz’altro la più suggestiva della raccolta, un ragazzo di diciassette anni, rimasto solo nel grande appartamento dei genitori che sono in vacanza, viene svegliato nel cuore della notte da un sogno inquietante, in cui si è visto assalire da una gelida creatura mostruosa emersa dal buio. Poco dopo viene attirato da una corrente d’aria che lo conduce suo malgrado ad esplorare il solaio di casa, dove scopre l’esistenza di una grata da cui si può sbirciare l’androne della casa confinante. Da questo scorcio il ragazzo assiste sbalordito ad una scena terribile e surreale, che dà inizio ad una vera e propria lotta contro il tempo per salvare ignare vittime dall’assalto di un essere mostruoso e vorace che dimora nel buio.
Nel terzo ed ultimo racconto partecipiamo ad un ricevimento di gran classe, organizzato in una grande e lussuosa villa di altri tempi, nei cui meandri si nasconde un segreto terribile. Le persone che si allontanano dalle luci della festa e si addentrano nei recessi della magione scompaiono senza lasciare traccia.
Rapidi, stringati, i racconti horror di Lapo Ferrarese seguono percorsi inusuali e si dimostrano serrati come solo le migliori storie di paura sanno essere. E contengono molti motivi per essere apprezzati.
Prima di tutto l'autore non si lascia prendere la mano dalla voglia di stupire, si preoccupa solo di mettere al centro di tutto l’esposizione degli eventi, che racconta con una rapida efficacia, senza perdersi troppo in inutili digressioni.
Fa sempre piacere trovare un narratore horror che punta diritto allo sviluppo narrativo, senza cercare di inebriare il lettore con descrizioni oniriche e con il solito prolisso naufragio nei meandri della psiche e dei pensieri dei personaggi descritti. Poca introspezione, quindi, e molta attenzione a ricreare fatti, atmosfere e dettagli, gli unici a fornire al lettore un aggancio con la propria quotidianità e con le esperienze vissute, senz’altro la strada migliore per ottenere la “sospensione dell'incredulità” e ingenerare subito dopo un’efficace immedesimazione nel racconto.
Altro grande merito è quello di non lambiccarsi più di tanto nell’offrire spiegazioni razionali e chiarimenti fino all’ultimo cervellotico dettaglio. Le storie horror sono storie dell’irrealtà, vivono e si alimentano di imprevisti, sono un mosaico di situazioni necessariamente inverosimili e assurde, ai limiti del grottesco, della follia e del caos. Prendete gli indimenticabili racconti di Clive Barker, dove la stravaganza regna incontrastata, oppure il torbido ed ineffabile mistero che grava sulla celeberrima "Hill House" di Shirley Jackson, che sembra tra l’altro aver ispirato un tantino l’ultima novella di Ferrarese. I narratori (e i lettori) che esigono che dopo il mistero arrivino le spiegazioni razionali, l'ordine e la chiarezza, non hanno capito nulla di questo genere e in realtà cercano solo di ritrovare un approdo sicuro a cui aggrapparsi per smettere di avere paura. Lode a Ferrarese, quindi, che ha saputo limitare il naturale impulso del narratore a far quadrare tutto quanto. Va bene abbozzare qualche ipotesi o qualche spiegazione, lasciando che i suoi personaggi, di fronte all’impossibile, cerchino salvezza in qualche appiglio razionale. Ma bisogna evitare che l’eccesso di spiegazioni rovini tutto il fascino suscitato dall’orrore e spazzi via i germi della paura, sostituendoli il più delle volte con la convinzione di essere in presenza di una trama scombiccherata: Lapo Ferrarese è bravo a trovare un equilibrio tra verosimiglianza e irrazionalità e non cade in questa facile trappola in cui si infilano spesso scrittori ben più noti e celebrati.
Altro motivo di soddisfazione è trovare dei personaggi moralmente limpidi, puliti, buoni. Soprattutto i protagonisti dei due primi racconti (il poliziotto e il ragazzo) sono persone dall’animo buono, senza macchia. Basta con personaggi sordidi, pieni di sensi di colpa e di peccati da espiare. Basta con il mostro che arriva per fare giustizia dei torti e delle cattiverie umane. Quando l’orrore assale con spietata voracità anche gli innocenti la paura aumenta in modo esponenziale.
Alla fine, l’unico vero difetto di INCUBI è di essere troppo breve:
il piacevole sapore della lettura avrebbe richiesto almeno un paio di vicende ancora, per rendere la raccolta davvero memorabile.
Coraggio, signor Ferrarese, si dia da fare a sognare i suoi incubi: questi sono stati un aperitivo ben più che stuzzicante.
Qui sotto la copertina originale del libro, mentre in epigrafe trovate una versione bozza, ma ben dettagliata, del disegno realizzato da Max Guadagni.